pazzia

Dopo quel bacio non riusciva più a pensare ad altro che a lei.

Niente era più interessante per lui, Bazia era diventata una prigione, la terra e i contadini noiosi, non provava più piacere neanche nell’andare a cavallo.

Era nervoso, apatico, non mangiava, non parlava, l’unico suo desiderio era lei.

Restò due giorni confuso, non volle andare con il padre a controllare i poderi.

La madre pensò che fosse malato, più volte gli chiese di misurarsi la febbre.

Lui rispondeva di essere stanco, di avere bisogno di riposare, ma i genitori non potevano credere, che uno come lui potesse essere stanco, doveva essere malato, bisognava chiamare don Mimì, il medico.

Il mattino del terzo giorno, si alzò presto, si lavò, si aggiustò la barba, si vestì di tutto punto, mangiò due pugni di fichi secchi, bevve un bicchiere di latte appena munto, prese il cavallo e si avviò verso il paese.

Lungo la strada raggiunse e superò uno dei fattori, che andava a chiamare don Mimì.

“Don Giacomo, come state?” disse, mentre lo superava al trotto, “Benissimo” rispose lui senza neanche guardarlo.

Il fattore si fermò, chiedendosi a questo punto se dovesse proseguire o meno, a lui sembrava che don Giacomo stesse bene e meglio.

Prese la decisione di proseguire, perché questo era l’ordine.

Don Giacomo arrivato in Paese si diresse subito verso la canonica, legò il cavallo e bussò alla porta.

“Chi è?” da dentro strillò la perpetua.

“Don Giacomo Malvarone”, lei aprì subito.

“Che desiderate, don Antonio è in campagna per una estrema unzione, sapete il povero Arcangelo, il padre di Giuseppe uno dei…”

“Non cerco don Antonio” disse bruscamente don Giacomo per interrompere Rosina.

“Cerco Rosaria.”

“Rosaria? Quella poco di buono, e che ha combinato!”

“Niente la devo vedere.”

“Ma non c’è, figuriamoci, quella passa il tempo a giocare a carte in cantina con gli uomini.”

“Allora arrivederci” e se ne andò.

Rosina rimase un po’ stupefatta, l’osservò prendere il cavallo ed allontanarsi al passo verso la piazza, storse la bocca, arricciò il naso, tirò su le spalle e richiuse, sbattendo la porta.

Mille pensieri ed emozioni contrastanti gli riempirono la testa, mentre percorreva la breve strada verso la cantina della piazza.

La gente lo salutava, ma lui non vedeva nessuno.

Una ragazza come lei a giocare a carte con gli uomini, ma come è possibile.

La gelosia, il dubbio attanagliavano il suo cuore, ma il sapore di quel bacio ancora lo rapiva, voleva vederla, voleva parlarle, voleva baciarla.

Legò di fretta il cavallo in piazza, non vide minimamente Ciccio, il droghiere, che gli faceva il suo solito gran saluto e entrò in cantina.

A vederlo entrare così di fretta tutti si fermarono, lo salutarono e qualcuno si alzò anche in piedi.

“Don Giacomo!” esclamò Gaspare, l’oste.

Lui si guardò in giro, ma non la vide, il cuore gli batteva a mille nel petto.

“Avete visto la signorina Rosaria?”

“Oggi, no” rispose Gaspare.

Girò i tacchi ed uscì di fretta come era entrato.

Gli avventori della cantina si guardarono, guardarono Gaspare e poi ripresero chi a bere, chi a giocare a carte, chi il discorso interrotto.

Dov’è, pensò rabbioso ed ansioso don Giacomo, e se baciasse tutti quelli che le fanno la corte?

No, non può essere, e come faccio ad esserne sicuro, in fondo è una che gioca a carte con gli uomini in cantina.

Ora la voleva più che mai.

La voleva solo per lui per amarla, o voleva sapere solo chi fosse veramente, per odiarla per sempre? Dove era e con chi era adesso, il dubbio, il sospetto lo rodeva e la sua ricerca divenne più frenetica.

Cercò nelle altre cantine nei vicoli, niente, tornò in piazza e si scontrò con don Mimì, che andava a prendere il calesse per andarlo a visitare a Bazia.

“Giacomino! Allora sei guarito.” disse vedendolo.

“Don Mimì” rispose don Giacomo.

Senza badare a quello che don Mimì gli aveva chiesto, lo prese sotto braccio e lo trascinò verso il vicolo che portava al suo palazzo in paese.

Don Mimì aveva qualche anno in più di don Giacomo, era all’apparenza un tipo elegante ed aristocratico, in realtà era un buontempone, sempre pronto allo scherzo e alla battuta.

Come medico non era una cima, ma era onesto, magari non ti guariva, ma certamente non ti ammazzava con cure azzardate.

Tendeva sempre a minimizzare le malattie e a curarle con poche medicine, sempre quelle.

A queste univa l’allegria e la capacità di dare ottimismo e spesso questo bastava.

Per don Giacomo, don Mimì era come un fratello maggiore, da ragazzino stava spesso con lui e, più tardi, quando don Mimì andò a studiare medicina a Napoli, non appena sapeva del suo ritorno in paese, lo andava a trovare.

Era piacevole conversare con lui, aveva sempre qualche aneddoto o qualche avventura ricca di particolari divertenti da raccontare.

Con lui aveva confidenza e vedendolo vi si appigliò come un naufrago allo scoglio.

“Mimì, ho bisogno di parlarti.”

“Che ti succede, poco fa è venuto Amilcare da parte di tua madre…”

“Lascia perdere mia madre, sono confuso, forse ho perso la testa per una ragazza.”

“Bene, ti sei innamorato, e chi è la fortunata?”

“Innamorato, non lo so, l’ho baciata la domenica di Pasqua, e da allora sono tre giorni che non faccio che pensare a lei.”

“Questo si chiama innamoramento, Giacomì, chi è, la conosco?”

“Si chiama Rosaria, quella ragazza orfana, che vive da don Antonio.”

“Rosaria? E’ bella, bella assai, ma non è per te, Giacomì, quella è un po’ chiacchierata.”

“Lo so, l’ho capito, ma non riesco a levarmela dalla testa.”

“Ti ci vuoi togliere uno sfizio?”

“Non lo so, la voglio rivedere, voglio vedere che effetto mi fa, la sto cercando, ma non la trovo, l’ho cercata da per tutto.”

“Quella, lo saprai, frequenta gli ambienti degli uomini e anche se non ci sono chiacchiere, se non quelle delle comari, la promiscuità alla lunga…”

“Mimì, non ti ci mettere anche tu, io ho bisogno di incontrarla, dove può essere?”

“Hai provato alla caserma dei carabinieri, se la fa anche con il maresciallo, si vedono spesso insieme.”

“Sei uno stronzo, Mimì.”

“Giacomimo, se ti vuoi togliere uno sfizio, va bene, ma niente di più, non fa per te, ciao.”

Don Giacomo, era ancora più nervoso di prima, non se l’aspettava tutta questa incomprensione da don Mimì, lo piantò lì e partì alla volta della caserma.

Don Mimì pensò alla beata gioventù, inspirò profondamente, sbuffò e poi rivolgendosi al fattore di don Clemente disse di riferire, che aveva visitato don Giacomo in paese e che non c’era niente da preoccuparsi, era solo una leggera astenia giovanile, che sarebbe guarita con un uovo battuto per tre mattine, cose che possono capitare.

Arrivato in caserma salì la rampa di scale a tre a tre, in un attimo era già nell’ufficio del maresciallo.

“Buon giorno.”

“Buon giorno a voi don Giacomo, che è successo?”

“Niente maresciallo, sto cercando Rosaria, la ragazza che vive da don Antonio.”

“Rosaria non l’ho vista oggi, è una brava ragazza, mi viene a trovare tutte le mattine e ci facciamo delle belle chiacchierate, ma perchè la cercate, vi ha fatto qualche torto?”

“No maresciallo, le devo parlare.”

“Avrà avuto da fare qualche commissione per don Antonio, ma sedetevi”, don Giacomo si sedette e guardò negli occhi il maresciallo: “Voi dite che è una brava ragazza e come fate a dirlo?”

“Per me Rosaria è come una figlia, ve l’ho detto che ci facciamo delle lunghe chiacchierate e a me racconta tutto.”

“Proprio tutto?”

“Credo di si, anzi adesso ne sono certo.”

“E su di me che vi ha raccontato?”

“Su di lei di preciso niente, ma su un certo bel giovine che l’ha baciata la domenica di Pasqua…”

“Non facciamo indagini, quel giovane sono io ed è per questo che voglio vederla.”

“L’avevo capito, voi siete il fortunato che avete avuto l’onore di darle il primo bacio, lo sa quanti qui se la sognano la notte?”

“Parlatemi di lei, vi prego, devo capire, perché in paese, le chiacchiere…”

“Don Giacomo, Rosaria è uno spirito libero, è una donna forte e bella che sa tenere a bada cento uomini, è una brava ragazza, non si deve preoccupare, perché se ha scelto voi, è voi che vuole e nessun altro”

“Io la devo vedere, se viene diteglielo, io rimango in paese, arrivederci.”

“Arrivederci don Giacomo.” Il maresciallo lo guardò uscire con una certa invidia.

pazziaultima modifica: 2017-02-25T19:43:44+01:00da domenico_barone6