Un’analisi “diversa” sulla situazione economica dell’Umbria (e non solo)

Chiaramente quello che sto per scrivere sono solo spunti di riflessione, oltretutto su alcuni aspetti non esaustivi, che devono essere approfonditi.

Per individuare nuove modalità di analisi della situazione economica umbra (e non solo umbra), dobbiamo abbandonare le vecchie! Sembra scontato e invece è molto difficile uscire dagli schemi imparati, però se vogliamo trovare soluzioni efficaci alla “Crisi”, dobbiamo fare questo sforzo intellettuale.

Questa crisi infatti non è la solita fase negativa dell’andamento ondulatorio del sistema economico, è la crisi del sistema stesso!

Alla base della teoria economica consumistica c’è il concetto di eterna crescita: ma nessun sistema può crescere all’infinito senza ad un certo punto entrare in crisi e finire o per “scoppiare” o per “implodere”, questa è una legge universale.

Finché ci sono grandi quantità di risorse (energia) il sistema può crescere velocemente e quantitativamente, quando le risorse di saturano, il sistema inevitabilmente si ferma. Noi siamo arrivati a questo da qualche decennio e la globalizzazione e la finanza “creativa” sono state l’ultimo estremo tentativo fallimentare di continuare la crescita.

Solo là dove ci sono ancora risorse (naturali e purtroppo anche umane) da sfruttare (economie emergenti) o in quelle “nicchie di mercato” poco esplorate, ci sono margini di crescita, ma anche queste presto si satureranno.

Allora quale è la soluzione?

La soluzione vecchia è quella di distruggere (regressione culturale e sociale, destabilizzazione istituzionale, nazionalismo, guerra) per azzerare e quindi ricominciare per poi ritornare velocemente alla saturazione, in un delirio di oscillazioni sempre più tragiche e frequenti.

La soluzione nuova è l’equilibrio economico, ossia la crescita qualitativa e non quantitativa.

Per questo è dannoso continuare a misurarci attraverso il PIL. E’ una cosa positiva questo ultimo tentativo amorale di conteggiare anche i proventi del malaffare? Non è l’ulteriore sintomo dell’agonia del sistema? Non ci deve far pensare che è ora di cambiare?

Si, è ora di cambiare, lo dico da anni, e ne sono sempre più convito, quindi se devo analizzare la situazione economica umbra sotto una nuova luce, non posso non dire che, come il resto del Mondo siamo in regressione da anni, PIL o non PIL,  ma rispetto al resto del Mondo, io penso che siamo messi meglio e siamo più pronti al cambiamento, perché, in maniera più o meno inconsapevole, abbiamo fatto una politica meno distruttiva del nostro capitale naturale, del nostro patrimonio storico architetturale, delle nostre tipicità, del nostro tessuto sociale.

Quello che dobbiamo fare ora è riconquistare quello che abbiamo delegato altrove continuando a preservare la nostra identità, ma non per farla valere rispetto ad altre, ma per metterla a disposizione prima di noi stessi e poi degli altri.

Il dato più importante che oggi dobbiamo prendere in considerazione e utilizzare come guida dei nostri sforzi politici futuri, è l’occupazione. Perché è questo il dato più allarmante in Umbria: l’inoccupazione giovanile è ai minimi storici degli ultimi 20 anni e la disoccupazione in generale sta salendo a livelli sempre più preoccupanti.

La valutazione della bontà di una politica economica, perciò, la dobbiamo misurare sulla capacità di creare occupazione di qualità, a prescindere dall’effetto sul PIL. Per occupazione di qualità intendo un’occupazione che possa dare soddisfazione e stabilità alla persona, il resto viene da sé.

L’occupazione di qualità si ottiene perseguendo l’Equilibrio economico.

Qualche spunto al riguardo.

Il primo fattore di equilibrio economico è la stabilità del numero di abitanti, in quest’ottica la crescita zero è un obiettivo e non una sciagura, e se è un obiettivo, l’invecchiamento della popolazione deve divenire risorsa e non problema. Entrando in questa nuova filosofia le politiche devono cambiare verso! Il mondo del lavoro è un tutt’uno dalla scuola alla pensione e quello che si fa da una parte ha riflessi su tutto il resto.

In questo settore l’Umbria ha un buon punteggio, perché la disponibilità di territorio di qualità pro capite è superiore a molte altre regioni d’Italia e d’Europa.

Il secondo fattore di equilibrio, una volta stabilizzata la popolazione, è il consumo di territorio (il capitale naturale), tutto ciò che viene distrutto è ricchezza che si perde per sempre. Il territorio deve essere risorsa per chi lo abita, recuperandolo all’agricoltura e all’allevamento tipico e di qualità, queste attività primarie coniugate con la sostenibilità conservano il territorio e producono ricchezza diffusa, recuperando occupazione stabile legata al territorio. La produzione di questo settore deve essere destinata in primis al fabbisogno locale, per ricreare quel legame sociale, economico, culturale tra cittadino e territorio che rende la qualità della vita migliore: oggi diamo fuori la nostra qualità e consumiamo la scarsa qualità che arriva dal mercato globale, si deve cambiare verso! La ricchezza che non si disperde rimane patrimonio.

Come indotto avremo la piccola industria artigianale della trasformazione di questi prodotti e tutto ciò ad essa connessa, sempre con l’obiettivo della commercializzazione in primis in ambito locale, tramite attività commerciali diffuse sul territorio.

Accanto a ciò possiamo cercare di recuperare tutte quelle attività artigianali tipiche dimenticate e potenziare quelle ancora produttive.

Tutto questo si va a sposare perfettamente con l’offerta turistica di qualità fatta di ambiente, cultura, enogastronomia, paesaggio e architettura.

Penso che su questo possiamo incidere molto a livello di politiche regionali.

Un’attività che consuma molto territorio è l’edilizia, i dati ci dicono che questo settore è in profonda crisi, ma ad essere in crisi è la vecchia edilizia, quella legata all’espansione, alla crescita demografica, quella cioè insostenibile, quindi questa crisi deve essere lo stimolo per cambiare verso anche in questo settore: basta nuovi insediamenti (che sono quelli che non hanno più mercato), e via libera alla riqualificazione dell’esistente, che spazia dal miglioramento dell’efficienza energetica alla demolizione e ricostruzione di interi complessi brutti e anonimi del recente passato, al riuso di strutture abbandonate, alla riconquista dei centri storici, al miglioramento e all’ottimizzazione delle infrastrutture.

Anche su questo, con l’aiuto di politiche nazionali intelligenti (detrazioni fiscali), la politica regionale può incidere molto e recuperare occupazione di qualità.

L’altro importante settore che deve essere portato in equilibrio è quello industriale, ma anche qui l’Umbria ha i numeri per cambiare verso, perché ha un sistema produttivo fatto di PMI, che può con più facilità adeguarsi al cambiamento. Le imprese produttive non possono più produrre a prescindere, ma devono cominciare a rientrare in una logica di pianificazione, questo comporta che le dimensioni potranno diminuire, così come la diffusione sul territorio, per questo è importante avere una politica industriale nazionale, direi europea, che stabilisce che determinati prodotti metallurgici di qualità si fanno a Terni e non altrove, perché si sono sempre fatti a Terni, per tante ragioni.

Ma su questo la politica regionale può essere solo di stimolo al nazionale, come sta già facendo, recentemente.

Dovremmo ancora parlare di mobilità, quindi di trasporti, di gestione dei rifiuti e altro ancora, ne parleremo un’altra volta, solo un cenno sull’energia.

Ogni sistema ha bisogno di energia e in questa nuova visione, l’energia deve essere prodotta localmente e in maniera sostenibile, quindi è necessario un piano energetico regionale molto innovativo, che sia un grande investimento per l’indipendenza energetica, fattore fondamentale per la nuova economia.

In conclusione, quella che ci aspetta è una grande, importante, stimolante e impegnativa fase di transizione verso un nuovo sistema economico, dove la ricchezza di una società non si misurerà più quantitativamente, ma sarà il grado di qualità della vita raggiunto, fatto da un giusto mix di lavoro, volontariato, gratificazione materiale e culturale: una ricchezza fatta di uomini e donne e non di capitale.

Penso che questa debba essere la nuova spinta ideologica della sinistra, e non quella cercare di trovare soluzioni di compromesso per un sistema morente.

Ci sarebbe da scrivere un libro!

Un’analisi “diversa” sulla situazione economica dell’Umbria (e non solo)ultima modifica: 2014-09-23T23:34:33+02:00da domenico_barone6
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